Assange uomo e giornalista libero

Julian Assange, uomo e giornalista libero

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Wikileaks: è il 2006 quando nasce il progetto di Julian Assange; nasce un nuovo modo di fare giornalismo d’inchiesta, un esperimento potente che subito diventerà punto di riferimento in tutto il mondo. 

Dice Julian Assange in una intervista a Der Spiegel del 2015:

“WikiLeaks è una gigantesca biblioteca dei documenti più perseguitati al mondo. Diamo asilo a questi documenti, li analizziamo, li promuoviamo e ne otteniamo altri”.

E da subito Wikileaks entra in possesso di segreti di vari governi, fra cui quello somalo, cominciando a farsi conoscere dal pubblico ma in modo particolare tra gli addetti ai lavori, dai free lance, dalle agenzie.

Nel 2007 comincia a ramificarsi sul web, trovando attraverso la rete sempre più collaboratori, volontari e anonimi, e offrendo un sicuro riparo a chi ha qualcosa da dire, a chi ha documenti seri da diffondere, a chi – da insider – vede che le cose non sono come vengono raccontate. 

In pratica si dà parola a chi (1) vuole parlare (2) con documenti alla mano (3) che resterebbero altrimenti segreti e per molto tempo.

Insomma, il reale svolgersi del ‘dietro le quinte’ in tempo reale. 

Nel 2008 la notorietà di Wikileaks conosce un’ulteriore crescita attraverso la diffusione di documenti riservati riguardanti i terribili maltrattamenti nel campo di prigionia USA di Guantanamo a Cuba, le procedure fuori da ogni regola detentiva e legale: cose già note, ma documentate ulteriormente, con dovizia di particolari; e poi i documenti interni della ‘chiesa’ Scientology’, e lo scandalo del Climategate, che mette in discussione tutta la narrazione del ‘climate change’, dominante ai giorni di oggi; e poi tanti altri files segreti, che riguardano corporations, partiti politici occidentali dell’estrema destra etc : si diffonde un metodo e ormai centinaia, migliaia di potenziali ‘informatori’ prendono Julian Assange come punto di riferimento, seguendo le procedure che si perfezionano, per garantire la veridicità dei documenti e al contempo l’anonimato per chi li invia. 

Il 2008 è difatti l’anno in cui il server di Wikileaks viene fermato e il sito web chiuso per qualche tempo, cosa che decide il gruppo dirigente a spostare le strutture server in Svezia, al riparo da attacchi del sistema. 

Ma è nel 2010 che Wikileaks e Julian Assange arrivano al picco della notorietà: altri scottanti documenti sull’Afghanistan, che mostrano l’assoluta inutilità di quella guerra e le sue atrocità; e poi vengono prima annunciati e poi diffusi i filmati sulla guerra in Iraq, su come gli americani, violando ogni regola di ingaggio, uccidono in modo indiscriminato i civili.

Celeberrimo il video Collateral Murder che mostra in modo evidente i crimini delle truppe Usa sul fronte iraqeno: marines che ridendo sparano dagli elicotteri su civili inermi, compresi due bambini. Il caso diventa mondiale e i vertici politici e militari americani devono difendersi e lo fanno in modo decisamente scomposto, impreparati a tanta luce su cose che dovevano restare nel silenzio e nell’oscurità. 

“Un bagno di sangue” definirà Assange tutta la guerra in Iraq, con decine di migliaia di morti di cui non si sapeva nulla, quasi tutti civili. 

E poi ancora Guantanamo, altri documenti su Abu Graib, che vanno a rafforzare quanto denunciato da Seymour Hersh nel 2004, in base al rapporto del generale Taguba, le cui parole “per 32 anni ho lavorato nell’esercito e per la prima volta ho pensato di essere nella mafia” acquistano infine il loro pieno significato. 

Sempre a fine 2010 Wikileaks pubblica 300.000 documenti riservati all’esercito americano, oltre ad altri 250.000 della diplomazia USA nel mondo, riguardanti 274 paesi stranieri

Emergono importanti risvolti sulla politica Usa in Italia, come i particolari riguardanti l’incredibile rapimento, nel 2003, del cittadino egiziano Abu Omar in pieno centro a Milano ad opera di 26 agenti della Cia “nell’ordinario svolgimento” delle loro funzioni: uno sfregio indelebile alla sovranità italiana. Questi ultimi vengono condannati contumaci, dopo anni di processi, assieme ai vertici del Sismi, ma nel susseguirsi dei processi, tra condanne più o meno leggere, alla fine la corte costituzionale oppone il segreto di stato; durante tutto questo tempo gli agenti Cia non tornano mai in Italia dagli States e mai verranno estradati.  WikiLeaks nel 2010 diffonde, su questo caso, i cablogrammi dell’ambasciatore Spogli che ringrazia Enrico Letta e il Governo Prodi per il sostegno; vengono poi fuori altri cablogrammi sull’appoggio dell’Italia alla guerra in Iraq nel 2002: l’ambasciatore Usa dell’epoca Sembler scrive che il governo italiano ha dato tutto agli Usa quanto ad appoggio logistico per guerra in Iraq, concludendo che  “l’italia è il posto perfetto per fare i nostri affari politici e militari”.

Per Julian Assange, diventato ormai troppo pericoloso per il Potere, si attiva la giustizia ad orologeria: in Svezia viene istruito un incredibile quanto farsesco giudizio di violenza sessuale in base alle accuse di due donne svedesi, ammiratrici di Assange. 

Il giornalista australiano si consegna subito alle autorità britanniche, ma le cose prendono una piega inaspettata. 

Gli svedesi chiedono l’estradizione e infine nel giugno 2012 Assange si rifugia presso l’ambasciata ecuadoregna sotto protezione diretta del presidente Correa

Correa che era e diventerà sempre più nemico numero uno del Pentagono e della Cia: inaccettabili per Washington le sue politiche socialiste e a favore del popolo ecuadoregno, e ancor di più la chiusura della base militare Usa in Ecuador. 

Anche qui i cablo diffusi da Wikileaks danno il quadro della situazione, che è di assoluta emergenza per gli Usa che provano in tutti i modi a rovesciare il Presidente legittimo: si scopre come il National Endorsement for democracy, cioè il braccio finanziario della Cia, finanziasse gli oppositori di Correa e le varie associazioni ‘spontanee’ ad essi collegati per mettere in atto un golpe, per rovesciare il governo eletto; e nel 2010 quasi riescono nell’intento del golpe: Correa è salvato dalla parte lealista dell’esercito che difende il presidente dalla polizia. 

La cosa straordinaria è che con i documenti di WikiLeaks si uniscono i puntini

‘in maniera ufficiale’, documenti alla mano e quasi in tempo reale: uno strumento di indagine e di pressione popolare intollerabile per la gente di potere abituata ad agire nell’ombra e a occultare prove e indizi.

Nel frattempo le due donne svedesi che avevano accusato Assange vengono intercettate mentre ammettono in camera caritatis la verità: ovviamente nessuna violenza carnale ma solo e soltanto rapporti consensuali fra persone libere.

Ma nel frattempo gli Stati Uniti, per non farselo sfuggire, passano al contrattacco; Assange diviene oggetto del più grande dibattito sulla libertà di stampa di sempre, ma i suoi aguzzini a Washington non solo non cambiano idea, ma lo vogliono addirittura riportare in USA per metterlo in prigione con accusa di spionaggio, in base a una loro vecchia legge, nonostante sia cittadino australiano.

Un corto circuito del diritto e della ragione, senza precedenti a livello internazionale. 

Alla caduta di Correa, nel 2017, cade presto anche la protezione diplomatica dell’Ecuador: nel frattempo la società spagnola che si occupa della sicurezza dell’ambasciata viene ‘ingaggiata’ dalla Cia e

Assange comincia a essere spiato 24 ore su 24 e con lui tutte le persone che vanno a trovarlo, personaggi famosi, giornalisti etc compresi gli avvocati, che vedono così compromessa la loro linea difensiva.

Quando il nuovo presidente dell’Ecuador, un fantoccio in mano agli Stati Uniti, prende in mano definitivamente il dossier, Assange perde ogni protezione: nel 2019 viene infine prelevato direttamente in ambasciata, e portato nella prigione inglese ad alta sicurezza di Belmarsh, dove è ormai detenuto da 5 anni, in condizioni fisiche sempre più precarie. 

Nel frattempo, nel giugno del 2022, dopo vari passaggi, il governo inglese, nella persona del ministro Lydie Patel,concede il nulla osta alle richieste di estradizione USA.

Da allora i movimenti e le manifestazioni per la libertà di Assange si sono moltiplicati e ormai da tutto il mondo il grido di milioni di persone si è fatto assordante.

L’ultimo passaggio è ora nelle mani dell’alta corte inglese, che deciderà in questi giorni se dare effettivo seguito o meno alla richiesta di estradizione americana. 

La sentenza potrebbe essere diffusa a brevissimo, ma il temporeggiare da parte delle autorità inglesi è segno di grande nervosismo: la pressione internazionale è enorme, e anche le campagne per la cittadinanza onoraria ad Assange che in Italia hanno avuto grandissimo successo, con le cittadinanze onorarie anche di Roma e Napoli, hanno avuto il loro effetto. 

Nei giorni dell’udienza in tribunale, il 20 e 21 febbraio, i presidi a favore di Assange erano nelle piazze di tutto il mondo, con decine di migliaia di persone; in primis a Londra, dove attivisti da tutto il mondo hanno presidiato gli spazi fuori al tribunale. 

La verità è scomoda, e il Potere Vero non la tollera, specie quando si scoprono le carte più segrete, quelle che testimoniano la natura violenta e tirannica di chi invece vuole apparire legittimo e democratico: e gli Usa non potevano permettere che Wikileaks continuasse a svelare la verità delle loro torture, dei loro crimini di guerra, delle nefandezze di ogni genere, di ingerenze dirette o indirette nello svolgersi democratico della vita politica di paesi alleati. 

E con gli Stati Uniti, anche il Regno Unito e la Svezia hanno dimostrato – in maniera diretta – di condividere questa linea di condotta, nemica della verità, della democrazia, del giornalismo vero, quello che dovrebbe rappresentare la garanzia della vita democratica.

Il silenzio poi di tutti gli altri governi e Paesi – Italia compresa – e della stampa mainstream dimostra a che livello arriva la complicità, l’omertà conseguenze del comando del silenzio e dell’oblio: tutti si allineano e abbassano la testa al volere dell’Imperatore.

Adesso aspettiamo la sentenza; è anche sacrilego chiamarla così, perchè dietro a questo pronunciamento non c’è null’altro che un sopruso verso una persona innocente, che ha la sola colpa di aver fatto egregiamente il suo lavoro, da uomo e giornalista libero

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