La cultura del problema e la perdita della memoria
Approfitto di questo post che gira su facebook per fare una delle mie “riflessioni” tra me e me 😊. Certamente non sono qui a mettere in dubbio le teorie esposte dalla professionista intervistata. Occupandosi nello specifico di questi argomenti immagino che sia arrivata a ragion veduta a queste conclusioni.
Quindi la mia riflessione è più sull’idea sottintesa che sui contenuti specifici. In particolare mi ha colpito l’affermazione (sempre che sia realmente della persona intervistata) secondo la quale: starebbe peggio chi non prova l’ecoansia.
E’ come dire ad una persona che non ha paura delle “malattie” (è solo un esempio magari un pò forzato ma per rendere l’idea) che sta peggio di chi invece la ha, perchè in questo modo non sta “attento” o non si occupa della propria salute.
Ora, al di la della moda o meno dell’ecoansia (che mi sembra stia diventando uno dei tanti challenge giovanili alimentati in modo esponenziale) il dato fondamentale è quello dell’EMERGENZA.
Viviamo ormai da diversi anni (soprattutto negli ultimi la cosa ha avuto il suo apice più alto) in una “cultura dell’emergenza” che sembra accompagnare costantemente la nostra vita quotidiana.
Senza entrare in una modalità “complottista”, ma osservando con attenzione la realtà, mi sembra un dato abbastanza evidente: in ogni circostanza, anche la più banale, ci si orienta sempre verso una cultura del problema piuttosto che della soluzione.
Tutto quello che ci accade intorno, dal normale caldo estivo con il temporale di mezza estate, piuttosto che dal virus delle scimmie antropomorfe della Amazzonia centrale inesplorata, diventano un problema insormontabile e potenzialmente foriero di pericoli mortali (ecco la parola magica!).
Pericoli che non rimangono nell’ambito della Amazzonia inesplorata, ma che entrano con forza nella nostra quotidianità, inserendo quel “verme” corrosivo della “cultura della morte” ad ogni piè sospinto.
E la comunicazione sociale (che sia giornalistica, televisiva, social ecc. ecc.) enfatizza e si sofferma in modo direi voyeuristico su questo alone di morte o, quantomeno, di problema dalla difficile (se non impossibile) soluzione.
Una modalità assolutamente insensata.
A meno che non si voglia, intenzionalmente, aumentare questa “importanza del problema”, per riuscire a controllare, attraverso la paura, chi sta intorno.
Quindi il messaggio è: non ci si deve OCCUPARE in maniera sana di una cosa. Ci se ne deve, per forza, inevitabilmente PREOCCUPARE.
No sto qui a chiedermi a chi giova tutto questo e nemmeno mi interessa. Come sempre penso che siamo noi gli artefici della nostra realtà e che, al di là delle sollecitazioni esterne, la possiamo certamente cambiare. O sicuramente spostarci in un’altra direzione.
Il problema reale, che permette la proliferazione di questi modelli cognitivi collettivi di “distruzione senza appello” è la PERDITA DELLA MEMORIA.
L’attenzione costante alla “emergenza” del qui e ora che viene rinnovata a ciclo continuo, ci fa dimenticare che le “catastrofi” sono sempre esistite, che le alluvioni, le grandinate, le epidemie di influenza, la peste bubbonica, la siccità, le scimmie amazzoniche e compagnia cantante sono sempre esistite. Le hanno vissute i nostri nonni e i nostri bisnonni. Ma l’umanità ha continuato ad esistere e non ci siamo ancora estinti.
Attenzione! Questo non significa che dobbiamo ignorare l’attenzione all’ambiente piuttosto che ad una vita sana e in armonia con i cicli della natura. Credo che il mio iter personale professionale parli da solo su come la penso su queste cose. Ma è necessario farlo con intelligenza e osservazione attenta e serena delle cose.
Esiste il problema? C’è sicuramente una SOLUZIONE.
E se la soluzione non è immediata, trovo il BENEFICIO nel problema. Se mi concentro costantemente sul problema, quello diventerà enorme e insormontabile (o almeno verrà vissuto come tale). Questo non significa essere semplicistici e poco pratici o attenti.
E’ tutto il contrario: se io invece di focalizzarmi sul problema e insistere ogni giorno sulla sua drammaticità, lo osservo e cerco di trovare benefici e soluzioni, il problema non esisterà più.
Avrò annullato la sua IMPORTANZA.
Per questo, non avendo l’ecoansia, non credo di stare peggio di chi non la ha. Guardo sicuramente un pò dispiaciuta al mio orto danneggiato dalle grandinate (cosa che in campagna succede spesso), ma mi dico che magari i pomodori quest’anno sono di meno, ma certamente con una polpa buonissima che mi permetterà di fare una conserva strepitosa!
😊 Come sempre, almeno secondo me 😊🙏