La giustizia al tempo del covid-19 – Parte 3

| Manuela Serantoni |

Di Marco Mamone Capria

Pubblichiamo lo studio del Prof Marco Mamone Capria, Phd Dipartimento di Matematica, Studioso di storia e filosofia della scienza sul tema “Covid-19 e giustizia: una scienza “a misura di governo” cerca ancora di seminare confusione nell’opinione pubblica”.

L’articolo, per facilitare la lettura è diviso in 4 parti, la versione completa è scaricabile a questo link. Qui potete leggere la Parte 1; qui la Parte 2.

Parte 3

  • La «natura sperimentale del siero»
  • “Filosofi”
  • Sospette reazioni avverse: poche o molte?
  • Decessi
  • I vaccini obbligatori
  • Confronto

La«natura sperimentale del siero»

La giudice Zanda, a detta della Procura, avrebbe commesso un errore imperdonabile: aveva parlato della «natura sperimentale del siero». Con queste parole, spiega la Procura, «trascurava (ed ometteva di confrontarsi con) la nota del Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità del 29/04/2022 (anteriore alla data dei citati provvedimenti) secondo cui i “vaccini attualmente in uso nella campagna vaccinale in Italia […] sono vaccini regolarmente immessi in commercio dopo aver completato l’iter per determinarne qualità, sicurezza ed efficacia. […] Numerose evidenze scientifiche internazionali hanno dimostrato l’elevata efficacia dei vaccini anti COVID-19 disponibili ad oggi […] ed hanno confermato la loro sicurezza”;»

Era davvero una negligenza, o piuttosto una prova della solidità di giudizio della giudice?

Cominciamo col dire che, coerentemente con l’acribia già sopra messa in evidenza, alla Procura è sfuggito che l’ISS non aveva aspettato il 29 aprile 2022 per emettere il suo giudizio rassicurante.

In effetti il Gruppo Vaccini dell’ISS aveva pubblicato quasi un anno prima, il 7 agosto 2021, un documento che era stato annunciato nel modo seguente:

«Covid: dall’Iss un vademecum contro le fake news sui vaccini»

Per inciso, un chiaro indizio del carattere scopertamente propagandistico dell’operazione era l’uso improprio del termine “fake news” per definire non “notizie fasulle”, ma opinioni in contrasto con quanto sostenuto dal governo. Ma, appunto, ecco una di tali opinioni:

«I vaccini antiCovid sono sperimentali»

Era falsa? Secondo l’ISS sì, ed ecco le ragioni con cui ritenevano di averla confutata:

«I vaccini autorizzati contro il Sars–Cov–2 hanno completato tutti i passaggi della sperimentazione necessari per l’autorizzazione all’immissione in commercio senza saltarne alcuno. Per questi vaccini il processo di sviluppo ha subito un’accelerazione senza precedenti a livello globale, ma al momento della loro autorizzazione da parte dell’Agenzia Europea per il farmaco erano state percorse tutte le stesse tappe dell’iter di sperimentazione previste per gli altri vaccini in commercio. I vaccini attualmente usati nella campagna vaccinale in Italia (Comirnaty di Pfizer-BioNtech, Vaxzevria di Astrazeneca, Spikevax Moderna, Vaccino anti COVID-19 Janssen) pertanto non sono sperimentali, ma preparati regolarmente immessi in commercio dopo aver completato l’iter che ha testato la loro qualità, sicurezza ed efficacia. »

Quando legge questo brano, il cittadino italiano che con le sue tasse paga gli stipendi dei dipendenti dell’ISS è giustamente preso da sconforto. È infatti costretto a chiedersi:

– è possibile che all’ISS non sapessero la differenza tra l’autorizzazione all’immissione in commercio e l’approvazione?;

–- è possibile che non sapessero che i medicinali sono «regolarmente immessi in commercio» solo dopo l’approvazione, e che in caso contrario la loro immissione in commercio non è regolare, ma eccezionale e condizionata?;

è possibile che all’ISS non conoscessero i criteri che dovrebbe soddisfare un medicinale per ottenere questa speciale forma di autorizzazione?;

– ed è possibile che ignorassero che non dico uno, ma nessuno di tali criteri era stato soddisfattodai vaccini anti-covid-19, sicché la stessa autorizzazione condizionata doveva nel loro caso essere considerata nulla?

Se all’ISS imperversa quello che si può solo definire uno scandaloso analfabetismo sanitario e normativo (che però, evidentemente, è ciò che le autorità politiche desiderano, visto che gli hanno assegnato un premio), posso consigliare agli autori del “vademecum” la lettura di un articolo pubblicato dal BMJ due mesi prima, l’8 giugno 2021. E da quanto scrive la Procura nel suo provvedimento disciplinare, è chiaro che tale lettura farebbe bene anche a loro.

Confondere tra autorizzazione all’immissione in commercio e approvazione suggeriva la falsa notizia che tali vaccini erano stati approvati. Questa, per chi trova espressivo il termine, era appunto una “fakenews”.

“Filosofi”

Il parere dell’ISS aveva preso piede anche in ambienti in cui si sarebbe pensato che un minimo di scrupolo critico faccia parte della deontologia professionale.

Due mesi dopo il “vademecum”, il 15 ottobre 2021, un appello fu pubblicato dal Fatto Quotidiano con il titolo «“Non solo Agamben”: oltre 100 filosofi contestano il loro collega e firmano un documento a favore di Green pass e vaccini». Eccone il primo punto, che permette da solo di farsi un’idea della qualità intellettuale del prodotto:

«1) Il contributo della filosofia nei confronti della scienza. Sebbene la filosofia debba certamente assumere un ruolo critico in relazione alla scienza, questo ruolo critico non può mancare di rispettare i risultati scientifici riportandoli non correttamente. Per esempio è falso sostenere, come ha fatto [Giorgio] Agamben nell’audizione di qualche giorno fa al Senato, che i vaccini anti-Covid19 siano in una fase sperimentale: sono stati testati.»

Dunque, secondo gli autori, asserire che i «vaccini anti-Covid19» sono «in una fase sperimentale» a una certa data sarebbe un «mancare di rispettare i risultati scientifici riportandoli non correttamente».

È difficile credere che docenti universitari di filosofia possano aver partorito o sottoscritto un tale pasticcio.

In primo luogo, dire se un certo medicinale è o non è, a una certa data, «in fase sperimentale» sicuramente non è un enunciato scientifico: è un enunciato storico, e riguarda se o no la fase sperimentale (come definita dal protocollo approvato dalle agenzie regolatorie) sia stata conclusa. E anche se così fosse stato dichiarato (ma vedremo subito che non lo era stato!), resterebbe la questione, anch’essa non scientifica, dell’attendibilità della dichiarazione, in particolare per quanto riguarda il rispetto del protocollo. Ed è una questione essenziale, come gli autori degli studi sperimentali sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini sanno molto bene. Per esempio, in uno degli articoli citati dalla Procura, del 16 dicembre 2021, si trova il seguente passo:

«The authors vouch for the accuracy and completeness of the data reported and for the fidelity of the study to the protocol.»

Questa, benché all’interno di un articolo scientifico, non è un’affermazione scientifica, e chi dicesse di dubitarne non potrebbe essere incolpato di non «riporta[re] correttamente» un risultato scientifico.

Inoltre gli «oltre 100 filosofi» affermavano che la fase sperimentale dei sieri genici anti-covid-19, di cui potevano al più aver letto che era cominciata, si fosse conclusa. È ovvio che questa inferenza era fallace: come dire “c’è il vincitore dello scudetto” per un campionato di calcio di cui si sa solo che è cominciato.

Ma, scrisse un grande poeta, la fortuna aiuta gli audaci (purtroppo è anche il motto di Milano- Bicocca, della cui “audacia” abbiamo già parlato…). Allora chiediamoci: era almeno vero che la sperimentazione, al momento dell’appello, per non dire al momento del “vademecum” dell’ISS, si fosse conclusa? No, ed era un errore di fatto che gli autori avrebbero potuto facilmente evitare consultando la pagina anche solo del progetto sperimentale relativo al vaccino della Pfizer.

Vi avrebbero infatti letto che l’inizio della sperimentazione era stato il 29 aprile 2020, e la fine era prevista per tre anni dopo, il 2 maggio 2023 anche se poi sarebbe stata leggermente anticipata al 10 febbraio2023.

Il meglio che si potesse dire al momento dell’appello – cioè 19 mesi prima della fine prevista, e 16 mesi prima della fine effettiva – era che la sperimentazione non solo non era conclusa, ma era in alto mare. E un mare in tempesta, dato che appena due settimane dopo il documento degli «oltre 100 filosofi» appariva sul BMJ il presto celebre resoconto della denuncia (sporta a settembre 2021, a soli quattro mesi dall’inizio della sperimentazione!) delle malversazioni (tra le tante che erano evidenti anche dagli articoli pubblicati; si veda anche qui) effettuate durante la suddetta sperimentazione.

Inutile dire che c’era stato un prevedibile tentativo di minimizzare la vicenda con false rettifiche. Ma era fallito. Ancora più interessanti le ragioni addotte dal giudice di primo grado per archiviare la denuncia il 31 marzo 2023: in sostanza, se, nonostante che la FDA sapesse (come sapeva) della denuncia nell’anno e mezzo trascorso da essa, essa aveva continuato a riconoscere l’autorizzazione del vaccino Pfizer (come appunto era avvenuto), allora non si può accusare la Pfizer di aver truffato la FDA (cfr. pp. 36-7 della sentenza).

Giusto: non era truffa. Era complicità. Un esempio più clamoroso ed esplicito della nefasta collusione tra politica, industria farmaceutica e magistratura sarebbe difficile da trovare.

Ma non è finita qui. Quando gli «oltre 100 filosofi» scrivono perentoriamente: «i vaccini anti- Covid19 […] sono stati testati», apparentemente non si rendono conto del problema di identificare su quali classi di persone la sperimentazione era stata avviata, e se queste fossero o no le sole classi a cui si rivolgevano le raccomandazioni ministeriali note al lettore italiano. Anche qui, un semplice scrupolo di documentazione li avrebbe resi consapevoli che proprio le classi su cui, al tempo dell’appello ma anche ben prima, più si insisteva affinché si vaccinassero erano state esclusedall’intera sperimentazione di sicurezza: individui immunocompromessi, donne incinte, donne in allattamento,bambini.

Per esempio, i pazienti oncologici in chemioterapia sono stati sistematicamente sollecitati a vaccinarsi contro il covid-19 sulla base delle indicazioni ministeriali, anche se non esistevano basi razionali per tale raccomandazione – ma piuttosto basi razionali per rifiutarla.

Per quanto riguarda le donne incinte che si sono vaccinate, stanno purtroppo emergendo le prove di ciò che anche la più superficiale conoscenza della storia della farmacologia dell’ultimo secolo avrebbe dovuto far temere (si veda anche qui e qui).

Quanto ai bambini, quelli di età ≥12 erano inclusi nelle raccomandazioni già dall’aprile 2021. Eppure non erano nemmeno stati presi in considerazione in una sperimentazione che, secondo il protocollo, riguardava le età da 18 a 85 anni. I dati sul vertiginoso aumento della mortalità (di 7,55 volte in più) tra i bambini (0-14) dopo l’estensione da parte dell’EMA della vaccinazione nella fascia 12-15 avrebbero dovuto occupare le prime pagine dei giornali.

Riassumiamo. Gli «oltre 100 filosofi» commettevano già nel primo punto del loro documento ben

quattro errori:

  • un errore di categoria (paragonabile al confondere tra datazione e contenuto di un risultato scientifico);
  • un errore deduttivo (paragonabile al dedurre “i Promessi sposi sono stati scritti nel 1821” dalla proposizione: “Manzoni cominciò la prima stesura dei Promessi sposi nel 1821”);
  • un errore fattuale (paragonabile al dire “i Promessi sposi sono stati scritti nel 1821”);
  • un errore di rilevanza (paragonabile al dire: “Manzoni scrisse i Promessi sposi nel 1821 perché è noto che in quell’anno egli si dedicò alla scrittura di testi letterari”).

In breve, un medicinale è sperimentale se: o non ha iniziato la fase clinica della sua sperimentazione, oppure l’ha iniziata ma non l’ha conclusa.Ogni altra accezione del termine “sperimentale” in questo contesto è impertinente e ingannevole. E suggerire che una sperimentazione in corso riguardi anche classi che non sono incluse nel campione selezionato, significa fare una pericolosa disinformazione.

Sospette reazioni avverse: poche o molte?

Per quanto riguarda la sicurezza dei cosiddetti vaccini anti-covid-19, la Procura cita tre fonti:

  • AIFA, Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini antiCovid-19, 11,27/12/2020-26/03/2022 e due articoli, rispettivamente dell’11 febbraio 2022 e del 7 marzo 2022:
  • Hause et al., “Safety Monitoring of COVID-19 Vaccine Booster Doses Among Adults – United States, September 22, 2021-February 6, 2022”
  • Rosenblum et al., “Safety of mRNA vaccines administered during the initial 6 months of the US COVID-19 vaccination programme: an observational study of reports to the Vaccine Adverse Event Reporting System and v-safe”

Sono rassicuranti i risultati di questi rapporti? Limitiamoci all’ultimo in ordine temporale, e il più rilevante perché relativo all’Italia, che è quello dell’AIFA (= Agenzia Italiana del Farmaco). In esso si sintetizzano con il seguente grafico le segnalazioni di effetti avversi arrivate nel periodo indicato:

In un anno e tre mesi ci sono state 134.415 segnalazioni, di cui 23.926 gravi.

In termini di numero di dosi, ci sono state 99 segnalazioni di effetti avversi, di cui 17 gravi,su 100.000 dosi di vaccini anti-covid-19.

Se si considera che stiamo ragionando su una raccolta di dati ottenuti sotto sorveglianza passiva (quindi con una sottovalutazione per un fattore che si stima da 20 volte a oltre 100) l’ordine reale delle reazioni gravi reali sta tra 478.0520 e oltre 2.392.600, in media 1.435.560.

Quindi, rispetto all’intera popolazione italiana (compresi i mai vaccinati!), e assumendo in prima approssimazione che per nessuna persona sia stata presentata più di una segnalazione, si può stimare in media che almeno una persona su 41 è stata colpita da una “sospetta” reazione grave – ovviamente spesso non riconosciuta, e per lo più non denunciata.

Decessi

Nel rapporto AIFA citato si tratta così dei decessi collegati a “vaccinazione” fino al 26 marzo 2022:

«L’85,1% (748/879) delle segnalazioni con esito decesso presenta una valutazione del nesso di causalità con l’algoritmo dell’OMS, in base al quale il 58,4% dei casi (437/748) è non correlabile, il 28,5% (213/748) indeterminato e il 9,5% (71/748) inclassificabile per mancanza di informazioni sufficienti. Complessivamente, 27 casi (3,6%) sui 748 valutati sono risultati correlabili (circa 0,2 casi ogni milione di dosi somministrate), di cui 22 già descritti nei Rapporti precedenti.»

Dei termini utilizzati riporto qui di seguito la formulazione che ne dà AIFA nei suoi rapporti sulle vaccinazioni obbligatorie (fino a 16 anni di età). Tali rapporti, su cui tornerò, sono stati ottenuti dopo richiesta di accesso agli atti dalla “Confederazione Legale per i Diritti dell’Uomo” (ringrazio per avermeli comunicati l’avvocato Alessandro Fusillo).

«Sulla base degli aspetti sopra menzionati è possibile considerare una sospetta reazione avversa come:

  1. “correlabile”, quando nella documentazione clinica fornita a supporto della segnalazione non ci sono fattori confondenti o altre possibili cause che spiegano l’evento;
  2. “non correlabile”, quando è presente una condizione clinica o una patologia che da sola è sufficiente a spiegare l’evento;
  3. “indeterminata”, quando la relazione temporale tra l’evento avverso e la somministrazione del vaccino è plausibile ma non ci sono evidenze a supporto della relazione, o quando le informazioni disponibili sono di non univoca interpretazione al fine di stabilire una relazione causale (ovvero quando i dati clinici che corredano la segnalazione sono a favore sia del ruolo causale che del ruolo non causale del vaccino);
  4. “inclassificabile”, quando le informazioni cliniche contenute nella scheda di segnalazione non consentono di stabilire quale sia il tipo di reazione avversa verificatasi e quale sia la relazione temporale che la lega al/ai vaccini sospetti.»

Non occorre soffermarsi sull’immenso spazio discrezionale aperto da queste definizioni, tanto esso è palese.

Prendiamo “non correlabile”. Se, per esempio, una persona è cardiopatica e dopo la vaccinazione muore d’infarto, il fatto che la sua preesistente condizione fosse compatibile, anche senza vaccinazione, con l’evento fatale, può forse esonerare la vaccinazione da qualsiasi ruolo causale? Sì, secondo l’AIFA: avremmo un caso di “non correlabilità”…

Quanto a “indeterminata” e “inclassificabile”, è evidente che ambedue sono del tutto compatibili con l’esistenza di un nesso di causalità. In sostanza, la regola è quella del brocardo “In dubio pro reo” – dove però non è la persona danneggiata e la sua famiglia ad essere favorite dalla legge, ma… il vaccino.

Sembrerebbe abbastanza, ma l’AIFA non poteva accontentarsene e doveva dare un proprio contributo: di omissione.

Le segnalazioni di decessi associati a vaccinazioni erano state 879: di queste solo 748 sono state valutate quanto al nesso di causalità. Manca all’appello il 15% del totale. Ovviamente niente esclude che nelle altre 131, non valutate, il nesso di causalità ci sia.

Delle segnalazioni di decessi valutate, 213 sono state dichiarate con nesso indeterminato, e 71 inclassificabili per mancanza di informazioni, il che significa che in altre 284 il nesso di causalità potrebbe esserci.

Delle segnalazioni rimanenti, cioè 464, il nesso di causalità è stato attribuito a 27. La conclusione che l’AIFA trae, e cioè che

«Complessivamente, 27 casi (3,6%) sui 748 valutati sono risultati correlabili (circa 0,2 casi ogni milione di dosi somministrate), […]»

può valere solo come bilancio del lavoro svolto dall’AIFA – e indicatore della sua pessima qualità.

La conclusione statistica, però, è un’altra, e cioè che le vaccinazioni potrebbero aver causato tra 27e 442 (= 27+131+284) decessi, cioè tra il 3,0% e il 59,0% delle segnalazioni gravi (e la frazione per milione di dosi è tra0,2 e3,9).

Le medie di queste due stime danno, rispettivamente, che il nesso di causalità tra vaccinazione e danno c’è per il 31% delle segnalazioni gravi, ovvero in 2,0 per milione di dosi.

Se si aggiunge che in regime di vigilanza passiva il numero vero si ottiene moltiplicando per 20 e più volte, fino a oltre 100, ciò significa che le vaccinazioni anti-covid-19 potrebbero aver causato, solo in Italia, un numero di decessi tra 540-2700 e 8840-44.200 entro il marzo 2022.

Calcolando la media delle due medie si ottiene una stima conservativa (cioè non pessimistica) di 14.070 morti per vaccinazione anti-covid-19 in un anno e tre mesi. Mi sembra più che abbastanza per mettere in stato di all’erta e all’opera la magistratura – altro che fare accertamenti sugli accessi in tribunale senza “certificazione verde”!

I vaccini obbligatori

Per un raffronto con i vaccini “classici”, consideriamo adesso i dati AIFA sulle vaccinazioni obbligatorie secondo la scellerata legge Lorenzin 119/2017.

Secondo questi dati, si trova che nel 2019 le segnalazioni di effetti avversi sono state 40,0 ogni

100.000 dosi, di cui 7,0 gravi. Le dosi somministrate sono state, in tutto, 5.014.316.

I decessi sono stati, in totale, 4, tutti collegati causalmente all’esavalente. In termini di decessi per milione di dosi, si può dire che sono 0,8 per milione considerando tutti i vaccini, e 1,6 per milione considerando il solo esavalente.

Il tasso di segnalazione delle reazioni gravi è in linea con quello dei tre anni precedenti, ma quello di tutte le segnalazioni è cresciuto da circa 30 a 40. L’AIFA sottolinea che

«a fronte di un aumento del numero di dosi somministrate, la frequenza delle segnalazioni di sospetta reazione avversa, raccolte attraverso il sistema nazionale di farmacovigilanza, è rimasto pressoché costante […]».

Ma l’AIFA trascura che questo valore costante significa appunto che più vaccinazioni si fanno, più effetti avversi, proporzionalmente, vengono segnalati. Ciò rafforza di per sé il nesso di causalità tra vaccinazione ed effetto avverso. L’AIFA conclude invece in maniera tranquillizzante dicendo che:

«L’approfondimento dei casi a livello della singola segnalazione e l’andamento generale non suggeriscono, infatti rischi aggiuntivi oltre quelli già noti che possano modificare il rapporto beneficio/rischio dei vaccini utilizzati.»

Ma l’aumento assoluto del numero di segnalazioni “suggerisce” di per sé un “rischio aggiuntivo” conseguente all’aumento del numero delle vaccinazioni obbligatorie! Non è infatti il rapporto beneficio / rischio che conta, ma la differenza(cioè il bilancio utilitario) beneficio – rischio, che va confrontata con la corrispondente differenza nel caso che una certa vaccinazione cessi di essere raccomandata. (Questa distorta concentrazione sul “rapporto” ha il corrispettivo nella preferenza per l’efficacia relativa invece che in quella assoluta, come ho già spiegato due anni fa).

D’altra parte, le vaccinazioni obbligatorie non cercano di soddisfare esigenze sanitarie egualmente importanti, e tali esigenze possono cambiare, indipendentemente, per ognuna delle vaccinazioni. Nei rapporti dell’AIFA vorremmo leggere anche aggiornamenti sull’utilità di effettuare questa o quella vaccinazione alla luce del mutevole quadro epidemiologico di questa o quella malattia.

Parlare di “beneficio” e “rischio” senza entrare nei dettagli di come li si quantifichi è privo di significato scientifico.

Per esempio, capisco che in una situazione di analfabetismo sanitario coltivato con diligenza e per anni nella popolazione, si possa pensare, come è stato fatto, di proporre a una popolazione alluvionata… un richiamo dell’antitetanica. Ma, appunto, anche se le segnalazioni al vaccino monovalente tetanico sono state nel 2019 per 31 reazioni di cui una grave, l’AIFA dovrebbe fornire per lo stesso anno anche dati sui casi di tetano insorti in non vaccinati, e una riflessione sull’utilità di promuovere tale vaccinazione, e magari anche sulla legalità di includerla in una lista di obblighi in presenza di un trattamento consolidato (quello a base di immunoglobuline).

Confronto

Da quanto precede segue che le segnalazioni di reazioni avverse e di reazioni avverse gravi per i vaccini anti-covid-19 sono, per entrambe le categorie e per ogni 100.000 dosi, circa 2,5 volte quelle della totalità dei vaccini obbligatori.

In particolare, i decessiper milione di dosi sono 0,8 per tutti i vaccini obbligatori fino a 16 anni (nel 2019) e tra 0,2 e 3,9 per i vaccini anti-covid-19 cioè in media 2,56 volte, e fino a 5 volte di più.

Quindi, anche rispetto ai vaccini obbligatori fino a 16 anni di età, i vaccini anti-covid-19 sono nettamente più pericolosi.

Si noti che se assumiamo che il fattore moltiplicativo necessario per restituire i valori reali da quelli forniti dalla sorveglianza passiva sia lo stesso, in media, per i vaccini obbligatori e per quelli anti- covid-19, allora il rapporto che abbiamo ricavato ha il merito di esserne indipendente, e quindi rappresenta un dato molto significativo.

Del resto, come ho già due anni fa sottolineato, la Food and Drug Administration aveva nell’ottobre 2020 una lista di possibili effetti avversi da cui risultava che (mia autocitazione)

«prima che cominciasse la campagna vaccinale, si sapeva che i vaccini potevano aumentare, per citare solo 5 della trentina di effetti avversi qui elencati, l’incidenza di miocarditi, pericarditi,encefaliti, infartiedecessi».

Una lista più completa, e che occupa ben 9 pagine fitte, è stata fornita dalla Pfizer dopo il gennaio 2022 in seguito a una battaglia legale (ne avevo parlato già un anno fa). La Procura ha letto queste 9 pagine?

Anche chi considerasse “accettabile” il “costo” degli effetti avversi gravi che conseguono alla somministrazione di vaccini obbligatori, e che sono aumentati con il passaggio da 4 a 10 vaccini in base alla legge 119/2017, non può non prendere atto che tale “costo” risulta più che raddoppiato nel caso dei vaccini anti-covid-19.

 Nel frattempo, i dati che, come ho detto, la Pfizer aveva cercato di tenere segreti (circostanza che di per sé avrebbe dovuto essere fonte di diffidenza per qualsiasi magistrato degno del nome, a qualsiasi livello), e che è stata costretta a rilasciare, cominciano ad essere analizzati. In un documento dell’agosto 2022si contavano 508.531 persone che avevano inviato rapporti di effetti avversi, con in tutto 1.597.673 eventi, classificati in più di 10.000 categorie diagnostiche. Degli eventi, 1/3 era grave, e il 60% del totale dei casi era indicato con «esito ignoto» o «non guarito»… Ciò che desta stupore è il grado di cinismo, e di disprezzo per la facoltà intellettuali dei cittadini, necessario per osar parlare di “sicurezza” a proposito di tali medicinali.

È difficile prevedere che cosa succederà una volta che i cittadini saranno divenuti pienamente consapevoli dei rischi che correvano nell’assumere questi medicinali sperimentali, con una ricaduta negativa che si può solo prevedere enorme sul sistema sanitario nazionale, per non dire dei destini individuali.

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