La giustizia al tempo del covid-19 – Parte 4

| Redazione VITA |

Di Marco Mamone Capria

Pubblichiamo lo studio del Prof Marco Mamone Capria, Phd Dipartimento di Matematica, Studioso di storia e filosofia della scienza sul tema “Covid-19 e giustizia: una scienza “a misura di governo” cerca ancora di seminare confusione nell’opinione pubblica”.

L’articolo, per facilitare la lettura è diviso in 4 parti, la versione completa è scaricabile a questo link. Qui potete leggere la Parte 1; qui la Parte 2 e qui la Parte 3.

Parte 4

  • Ma quanti morti per vaccinazione sono “troppi”?
  • Efficacia
  • Esperti?
  • Conclusione

Ma quanti morti per vaccinazione sono “troppi”?

I semplici calcoli sopra presentati rischiano di essere sottovalutati sulla base del diffuso pregiudizio che i vaccini facciano eccezione alle normali regole sul ritiro di farmaci in presenza di segnalazioni di gravi effetti avversi.
Questo pregiudizio non è infondato, ma va nel senso opposto a quello inteso dai fautori della
campagna vaccinale: ai farmaci utilizzati per la cura di malattie per le quali non esistano sostituti di
provata efficacia e sicurezza, è ragionevole concedere, fatta salva la massima trasparenza con il
paziente e il suo consenso, un profilo di rischio maggiore che per i vaccini, che invece si somministrano a persone sane.
Si consideri l’episodio dell’influenza suina. Il 1° ottobre 1976 cominciò negli Stati Uniti la
campagna vaccinale che avrebbe dovuto “coprire” l’intera popolazione USA. Ma tale campagna fu
dichiarata chiusa appena due mesi e mezzo dopo – il 16 dicembre, dopo che si erano vaccinati
“solo” 40 milioni di americani, cioè meno di 1/4. E come mai? Principalmente perché c’erano
state morti attribuibili alla vaccinazione. Quante? Su 40 milioni, erano state, secondo le diverse
fonti, 27 o 32 – cioè, per milione di dosi, rispettivamente 0,7 o 0,8 – sono gli stessi numeri dei
decessi ufficiali per i vaccini obbligatori in Italia nel 2019, e a cui oggi nessuno sembra dare
alcuna importanza.
Come mai oggi con stime ben superiori a queste – fino a più di 5 volte, anche senza considerare il
fattore moltiplicativo che pure bisognerebbe applicare nel caso di una sorveglianza passiva – le
autorità sanitarie non si sono affatto preoccupate di ritirare i vaccini anti- covid-19, ma anzi hanno
continuato a insistere perché tutti – bambini, donne incinte o in allattamento, persone
immunodepresse – si vaccinassero? Come mai oggi è diventato necessario far passare ogni effetto avverso per le strettoie dell’algoritmo dell’OMS prima che le autorità sanitarie siano tentate (ma a niente resistono come a tentazioni del genere…) di lanciare un segnale d’allarme?
Il fenomeno, naturalmente, non riguarda solo l’Italia.
Consideriamo i dati del VAERS statunitense, e il confronto tra tutte le altre vaccinazioni e quelle
anti-covid-19. Eccone una sintesi, che riguarda per le vaccinazioni covid-19 il periodo dall’inizio
della campagna negli Stati Uniti (dicembre 2020) al 16 giugno 2023 (2 anni e 6 mesi) mentre per
tutte le altre vaccinazioni messe insieme è considerato il periodo che comincia con il 1990 (cioè
due anni e mezzo contro 33 anni e mezzo!

Come si vede, e come sottolinea la nota in rosso,

  • il numero di decessi segnalati in relazione a tutte le altre vaccinazioni, messe insieme, in
    33 anni e mezzo è 10.337;
  • il numero dei decessi segnalati in relazione alle sole vaccinazioni anti-covid-19 in soli due
    anni e mezzo è 35.443,


Il secondo numero è 3,4 volte il primo!
Ora, è vero che anche il sistema VAERS opera per sorveglianza passiva – ma lo è per tutti i vaccini, e quindi la sottosegnalazione non si vede perché avrebbe dovuto penalizzare gli altri rispetti a quelli anti-covid-19.
È anche banalmente vero, qui come per le segnalazioni di effetti avversi all’AIFA, che una
segnalazione non è necessariamente prova del nesso causale, ma se fosse stato così frequente ingannarsi su nessi di causalità di importanza vitale prima che scendesse sulla Terra l’algoritmo dell’OMS, sarebbe un mistero che Homo sapiens sia riuscito a sopravvivere per 200.000 anni senza.
Tuttavia ciò che sorprende di più è la disparità di scala tra le segnalazioni ricevute dai vaccini anticovid-19: più del triplo in meno di un tredicesimo del tempo!
Cioè, in un anno, in media, le segnalazioni di decessi associate a vaccini covid-19 sono 46 volte di più di quelle di tutti gli altri vaccini messi insieme.
Si potrebbe obiettare: va bene, ma quello che conta sono le segnalazioni di decessi per (milione di) dosi. Magari il problema è che negli USA ci si è vaccinato molto, molto di più contro il covid-19 che contro tutte le altre malattie vaccinabili messe insieme…
Ebbene, ecco un altro grafico, tratto dallo stesso sito, che stavolta mette a confronto le segnalazioni di decessi per milione sul periodo 2006-2019 per tutti gli altri vaccini (tranne quelli con meno di mezzo milione di dosi somministrate), e il biennio 12 gennaio 2020-25 febbraio 2022.

Per inciso, è da notare che se con il VAERS si hanno almeno 5 volte più segnalazioni di decessi per
milioni di dosi con i vaccini anti-covid-19 che per ogni altro singolo vaccino, mentre in Italia, con
l’AIFA, si arriva a 2,4 al massimo (per l’esavalente: 3,9/1,6) ciò significa che la sorveglianza
passiva “all’italiana” è nettamente meno efficiente di quella statunitense.
A ciò va aggiunta un’importante considerazione: lo studio delle segnalazioni di effetto avverso non
equivale allo studio delle reazioni avverse di un medicinale o di un vaccino. Per capire perché basta
porre attenzione al quadro dei tempi delle segnalazioni (già discusso, in una diversa prospettiva,
qui):

Un tempo maggiore di una settimana dalla data dell’inoculazione riguarda solo il 10,8% delle
segnalazioni – come è nella natura delle segnalazioni in sorveglianza passiva (le persone segnalano prevalentemente, come è ovvio, solo eventi di poco separati dalla data della vaccinazione). Ciò significa che gli effetti avversi a medio e lungo termine sono del tutto tagliati fuori dall’analisi, e l’osservazione dell’AIFA che «la reazione si è verificata nella maggior parte dei casi (72% circa) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo e solo più raramente oltre le 48 ore successive alla somministrazione» denuncia, involontariamente, solo i gravi limiti del loro studio.
In ogni caso le gigantesche discrepanze sopra indicate sono chiari segnali d’allarme. Se, ciò
nonostante, la richiesta di una moratoria sulla campagna vaccinale anti-covid-19 (pur avanzata da
molti e illustri scienziati) non è mai stata neppure presa in considerazione, se ne deve concludere
che gli scopi della campagna in corso non erano sanitari.

Efficacia

Nella risposta all’interrogazione sulla giudice Zanda il ministro della Giustizia afferma:
«La Corte costituzionale ha, infatti, a più riprese affermato la legittimità dei decreti legge che
impongono trattamenti iniettivi a carico degli esercenti la professione sanitaria. Con la sentenza
n. 171 del 2022, la Corte costituzionale ha precisato che “gli Organi nazionali preposti a
compiere tale tipo di valutazione hanno concordemente attestato la sicurezza dei vaccini per la
prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 oggetto di CMA e la loro efficacia nella riduzione
della circolazione del virus”.»

Per la verità la sentenza n. 171 del 2022 della Consulta, che riguarda una questione del tutto diversa, non contiene la frase citata. Tuttavia nella sentenza n. 14 del 2023 (1 dicembre 2022, depositata il 9 febbraio 2023), si legge:
«11. Alla luce dei dati sin qui ripercorsi, deve ritenersi che le autorità scientifiche attestino
concordemente la sicurezza dei vaccini per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2
oggetto di CMA [=immissione in commercio condizionata] e la loro efficacia nella riduzione
della circolazione del virus (come emerge dalla diminuzione del numero dei contagi, nonché del
numero di casi ricoverati, in area medica e in terapia intensiva, e dall’entità dei decessi associati
al SARS-CoV-2 relativi al periodo che parte dall’inizio della campagna di vaccinazione di massa
risalente a marzo-aprile 2021).»

È affascinante leggere in un documento così autorevole che l’«inizio della campagna di
vaccinazione di massa» in Italia risalirebbe a marzo-aprile 2021, e non al gennaio 2021 (cfr. qui).
Chissà come mai la Consulta avrà concentrato l’attenzione su ciò che succede, ogni anno, alla fine
della stagione influenzale, e di cui ho trattato così tante volte e in tante sedi (compresa una
conferenza stampa a Montecitorio) che la “notizia” potrebbe essere trapelata e aver messo
sull’avviso gli avvocati d’ufficio del governo… Ma anche questa sarà stata una delle tante
coincidenze di un triennio in cui i miracoli (…per lo più negativi) sono diventati la regola. Ecco,
comunque, il grafico dei “casi” (cioè di positivi al test) per il periodo tra il 3 gennaio 2020 e il 16
marzo 2022.

Non sembra proprio che, a parte il declino stagionale, la campagna vaccinale sia stata così
risolutiva, vero?
Ma – dirà qualcuno – si sarà almeno azzerata la curva dei decessi “covid-19”… Bene, eccola, sotto
quella dei nuovi «casi», per il periodo tra il 1° marzo 2020 e il 16 dicembre 2022:

No, decisamente, le cose non sono andate bene. Soprattutto se si confrontano i nuovi casi nei
periodi corrispondenti di 2020 (vaccini ancora in corso di sviluppo, cure scoraggiate dal ministero
della Salute) e nel 2022 (stragrande maggioranza della popolazione vaccinata – già all’84,1% al 26
aprile 2022).
Ho spiegato in dettaglio un anno fa come la crescita dei casi “covid-19” in Italia sia stata, in seguito all’aumento vertiginoso della “copertura vaccinale”, esponenziale, a differenza di quanto avvenuto in paesi con percentuali di vaccinati enormemente inferiori o addirittura praticamente nulle: l’esatto opposto di quanto si è andato raccontando da più parti.
Questo dato sarebbe stato sufficiente per rovesciare definitivamente la “narrativa” ufficiale, ma
apparentemente la mia esposizione pedagogica del problema non ha trovato ascolto.
Per quanto riguarda i decessi, una controprova è data da una comunità in cui per ragioni religiose le vaccinazioni sono state praticamente assenti: gli Amish in Pennsylvania, una popolazione di 45.000 persone. Tra di loro anche i decessi “covid-19” sono stati praticamente assenti. Più esattamente: la probabilità di un Amish di morire di covid-19 dopo esserselo preso è stimabile a 1/91 di quella di un qualsiasi altro statunitense. In realtà, a parte le vaccinazioni, gli Amish non hanno fatto nulla di quanto raccomandava il governo USA. Come scrive Steve Kirsch, un ingegnere laureato al MIT:
«gli Amish non hanno fatto nulla per proteggersi dal contrarre il covid: niente lockdown,
niente vaccinazioni, niente mascherine, niente distanziamento sociale, niente obblighi, niente
chiusura delle scuole, niente. Se si ammalavano, usavano l’ivermectina e altri metodi che non
erano raccomandati dai CDC o dalla FDA.»

Ecco un esempio di popolazione che si può considerare come quel gruppo di controllo che da noi
il vaccinismo fanatico e liberticida degli obblighi e dei “green pass” ha fatto di tutto per evitare che
ci fosse (meglio non avere termini di confronto, no?).
E poi – per citare un ragionamento che si è sentito spesso –, il problema non è stato che nei primi
3-4 mesi il vaccino della Pfizer (per esempio) “funzionava” in maniera eccellente, ma che
purtroppo, la Pfizer non aveva avuto il tempo di prolungare la sperimentazione abbastanza (avrebbe voluto, beninteso…) per potersi accorgere, con sua somma sorpresa, che la “protezione”
declinava…
Il problema non era questo, per almeno due ragioni:
1) dopo l’inizio della campagna “vaccinale” all’inizio di gennaio 2021 in Italia si constata
un’impennata della curva dei cas i (è verosimilmente per evitare di parlarne che la Consulta
“posticipa” artificiosamente l’inizio della campagna vaccinale);
2) per sapere se una campagna vaccinale sta “funzionando” è in linea di principio essenziale
valutare la curva della mortalità per tutte le cause, e non solo di quelle attribuite alla malattia che il
vaccino è inteso evitare: in realtà entrambe le curve risalgono con le campagne vaccinali nella
stragrande maggioranza dei paesi del mondo.
Ho detto “almeno due ragioni”. La terza l’abbiamo già ricordata quando abbiamo parlato dei dati in
possesso della Pfizer già a meno di 2 mesi e mezzo dall’inizio della campagna vaccinale negli Stati
Uniti, e che avrebbero dovuto indurla a un ripensamento sul suo prodotto.
In effetti può darsi che, in maniera sotterranea, ma in definitiva insufficiente, la Pfizer abbia fatto
qualcosa del genere. Come? Per evitare che una pandemia di reazioni avverse distruggesse per
sempre il futuro commerciale del suo vaccino, la Pfizer potrebbe aver distribuito, tra i suoi lotti,
anche lotti di placebo. C’è uno studio danese del 30 marzo 2023 che presenta dati che non
sembrano poter avere una spiegazione diversa da questa. Se così fosse, l’esperimento della Pfizer
sarebbe continuato, sotto mentite spoglie, anche dopo l’immissione in commercio.
È un’ipotesi che merita di essere vagliata analizzando la distribuzione delle segnalazioni di effetti
avversi secondo i lotti anche in altri paesi.

Esperti?

Nei miei articoli ho cercato di presentare prove e dati che fossero facilmente comprensibili e
valutabili da persone di media cultura. Benché l’offuscazione dei dati, la pletora di bibliografia
irrilevante (su PubMed in data 4 luglio 2023, ore 9:40, la ricerca “covid-19” ha dato 372.182
risultati), e l’uso inessenziale di un gergo incomprensibile ai più, siano il distintivo di un certo tipo
di specialisti (che forse hanno paura di essere capiti – talvolta anche da sé stessi), la sostanza del
problema è perfettamente alla portata di chiunque, con una cultura da scuola secondaria di secondo grado, sia disposto a un minimo di attenzione sui dati ufficiali.
La Consulta, riconoscendo questo “pericolo”, è corsa ai ripari ponendo nei termini seguenti la
questione di chi sia autorizzato a interpretare i dati rilevanti:
«Ed è su questi dati scientifici – forniti dalle autorità di settore e che non possono perciò essere
sostituiti con dati provenienti da fonti diverse, ancorché riferibili a “esperti” del settore – che si è
basata la scelta politica del legislatore; legislatore che altrimenti, anziché alle autorità
istituzionali, avrebbe dovuto affidarsi a “esperti” non è dato vedere con quali criteri scelti.»
Qui si confonde innanzitutto tra i dati e le loro interpretazioni. In tutte le mie analisi (parlo per me,
ma potrei dire lo stesso per la totalità dei critici delle politiche sanitarie di cui sia a conoscenza) non ho mai fatto riferimento se non a dati ufficiali. Ma per criticare un ragionamento in quanto
logicamente o statisticamente scorretto non è richiesta l’appartenenza a nessun comitato o a
un’istituzione. Che il «legislatore», al contrario del magistrato, non sia esso stesso un peritus
peritorum è un concetto interessante.
Inoltre la Consulta commette un salto logico, identificando le «autorità di settore» con le «autorità
istituzionali». È un salto logico dalle gravi conseguenze, in quanto con esso la Consulta esautora
la comunità scientifica, espropriandola della facoltà di riconoscimento degli «”esperti”» e la
surroga con il concetto di «autorità istituzionali» che si sostituirebbero all’opinione scientifica come determinata dallo stato del dibattito.
Ma facciamo un passo ulteriore. Come sono nominate le «autorità istituzionali»? Per esempio,
chi ha nominato i membri del Comitato Tecnico Scientifico, se non il governo? e con quali criteri
sono stati scelti? Chi nomina la dirigenza dell’ISS? E, proprio a proposito dell’ISS: come si fa a
prendere sul serio un’istituzione sanitaria le cui opinioni “consensuali” sono ottenute minacciando e di fatto aprendo procedure disciplinari contro i membri “ dissenzienti ”?
Avevo dedicato alla questione due articoli già nel maggio e agosto di tre anni fa (qui e qui), ma
adesso la collusione tra presunti esperti e governo è stata documentata al di là di ogni ragionevole
dubbio dalla trasmissione Fuori dal coro di Mario Giordano, come anche l’impegno dell’AIFA a
nascondere i dati sugli effetti avversi e a minimizzarne la gravità. Ancora una volta: come si fa a
prendere sul serio un’istituzione come l’AIFA la cui responsabile per la farmacovigilanza, Anna
Rosa Marra, mandava o faceva mandare dai suoi dipendenti messaggi come i seguenti a chi
chiedeva informazioni all’agenzia (sono tutti delle prime settimane del 2021 e pubblicati da Fuori
dal coro)?

L’ultimo dei messaggi si riferisce a comunicazioni sul nesso tra vaccinazione e danni
cardiovascolar i. Insomma: meglio non diffondere allarmi sulla sicurezza delle vaccinazioni anticovid-19, per quanto giustificati, e meglio non dare informazioni, in particolare ai giornalisti e alle associazioni.
Anthony Fauci aveva fatto scuola in materia di sistematica reticenza istituzionale – abbiamo
finalmente capito il perché dei titoli honoris causa che gli sono stati tributati in Italia.
Analogamente, nel provvedimento contro la giudice Zanda, si legge:
«a conforto dei presupposti degli stessi [ordinanze e decreto] e della mancata applicazione delle
disposizioni sopra richiamate poneva, come risulta dal testo degli stessi, […] esclusivamente
personali convincimenti e valutazioni che – in considerazione delle precise emergenze da ultimo
richiamate provenienti da autorevoli studiosi e da autorità nazionali e internazionali –
palesemente non sono riconducibili nell’alveo dei «fatti notori» (art. 115, c.p.c.), da intendersi,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in senso rigoroso, tali essendo soltanto i fatti
che, sulla base della comune esperienza, possono considerarsi indubitabili e incontestabili e non
solamente probabili, e neppure nell’ambito delle massime d’esperienza, da intendersi quali
proposizioni di ordine generale tratte dalla reiterata osservazione dei fenomeni naturali o
socioeconomici.»

Bisogna aver gettato al macero quattro secoli (almeno) di dibattito epistemologico sui criteri di
evidenza per potersi esprimere con tale corrività e incoerenza. C’è qualcuno così irriflessivo e
disinformato da ritenere che il giudizio sull’attendibilità di articoli come quelli citati dalla Procura,
o su quali scienziati vadano considerati autorevoli, appartenga a ciò che «sulla base della comune
esperienza» si può «considerare indubitabil[e] e incontestabil[e]»?
La Procura è consapevole delle ritrattazioni già effettuate, alcune clamorose, e oltre 300 delle quali proprio in materia di covid-19, per non dire delle richieste di ritrattazione in corso di articoli
pubblicati sulle più illustri riviste?
Ecco ad esempio una recentissima richiesta di ritrattazione di un articolo sull’«impatto globale dei
vaccini anti-covid-19» pubblicato su Lancet – richiesta avanzata per manifesta assurdità, e che è in accordo con quanto io stesso, un anno fa, scrivevo a proposito di un analogo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute.
Se gli «autorevoli studiosi» e le «autorità nazionali e internazionali» definiscono il sistema di
riferimento rispetto al quale si valuta quali siano i «fatti notori», allora personalità come Luc
Montagnier, John Ioannidis, Didier Raoult, Peter McCullough, o Sucharit Bhakdi, in varie maniere
fatte oggetto di persecuzioni e contumelie a mezzo stampa, sarebbero state più che sufficienti a
bilanciare, con il peso della loro autorevolezza, qualsiasi folla di scienziati governativi. Pertanto,
quando la Procura attribuisce alla giudice «esclusivamente personali convincimenti e
valutazioni» mostra una preoccupante mancanza di obiettività, che diventa francamente
imbarazzante nel passaggio finale:
«In tal modo, la dott.ssa Zanda disattendeva le attestazioni provenienti da organi ed istituzioni
nazionali ed internazionali preposti alla tutela della salute e dotati delle competenze necessarie
senza procedere ad accertamenti tecnici, ma esclusivamente sulla scorta di concezioni e
valutazioni puramente “personali” e “soggettive” (come tali, del tutto “incontrollabili”),
sicuramente non traducentisi in fatti notori e/o nozioni di esperienza oggettivamente “condivise”
ed accettate dalla generalità degli individui, adottando conseguentemente provvedimenti con
grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, la cui motivazione
risultava sostanzialmente del tutto carente, siccome consistente nell’apodittica affermazione dei
presupposti degli stessi, così compromettendo la propria credibilità di magistrato e il prestigio
dell’Ordine giudiziario.»

È interessante la figura retorica in cui si congiungono avverbi totalizzanti e perentori (come
«esclusivamente» e «puramente») a parole poste tra virgolette (qui addirittura tre: «“personali”»,
«“soggettive”», «“incontrollabili”»). Come se, accusato di un reato, l’imputato scrivesse: «Sono
assolutamente “innocente”». Non credo che la giuria ne riceverebbe una buona impressione.
La Procura, probabilmente, si rende conto che affermare che le proprie valutazioni siano
impersonali-oggettive-controllabili sarebbe davvero poco credibile. Per quanto mi riguarda, ho i
miei dubbi che alla Procura ci sia qualcuno in grado di andare oltre i sunti iniziali degli articoli che
citano, e magari di spiegare che cosa significhi “effectiveness”.
«Ignoranza o negligenza inescusabile» è un’accusa grave. Ma a me sembra che calzi a pennello a
chi non ha preso visione dei dati rilasciati, dopo azioni giudiziarie, dagli stessi produttori, e che
appunto hanno fatto accusare la Pfizer di «omicidio volontario» (come ha fatto, autorevolmente, il
politologo ed economista Michel Chossudovsky).
Peggio di ignoranza e negligenza, poi, è quella di chi da due anni sta alimentando la finzione che i
“malori” improvvisi e le disabilità permanenti in persone nel fiore degli anni e spesso anche del
vigore atletico siano eventi ordinari, “sempre avvenuti”… solo che prima del 2021 non ci si faceva
caso.

Conclusione

La Procura cita una memoria della giudice, nella quale si invoca il «Potere giudiziario» come ultima
risorsa per contrastare
«un modello di società plutocratica e tecnocratica senza democrazie e libertà […] secondo i
progetti assurdi dichiarati e scritti ed effettivamente portati avanti dal transumanesimo
anticristico che sta avanzando, con organizzazioni planetarie ben strutturate, presenti in Italia con
migliaia di iscritti e che traggono la loro forza da pratiche esoteriche e sataniche».

È un fatto che oggi una minoranza globale di psicopatici detiene palesemente un abnorme potere
economico e politico, come nei peggiori momenti dell’Ancien Régime (ma su una scala molto
maggiore), e per di più pretende di progettare il futuro dell’umanità senza nessuna legittima
investitura. Direi pertanto che sia corretto dire che il quadro descritto nella citazione rientra nella
categoria dei «fatti notori e/o nozioni di esperienza oggettivamente “condivise” ed accettate dalla
generalità degli individui».
Il ministro Nordio, a sua volta, esprime «innegabili perplessità» per
«i toni di esacerbato dissenso, prima facie non compatibili con il dovere di equilibrio e di riserbo
cui ogni magistrato è tenuto nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 1 del decreto legislativo n.
109 del 2006), nonché i contenuti di talune asserzioni, che paiono aderire alle più radicali teorie
complottiste elaborate nel corso della pandemia.»

Come è spesso accaduto in questi anni, l’attenzione agli aspetti più volatili e soggettivi della forma
(come i «toni») ha spesso prevalso, da parte delle autorità, sulla valutazione della sostanza.
Fatto sta che i portavoce della suddetta minoranza globale ragionano quotidianamente e
pubblicamente, per esempio, su come ridurre la popolazione mondiale. Secondo l’ONU essa ha
raggiunto gli 8 miliardi il 15 novembre 2022. Loro vorrebbero che si scendesse a numeri “più
accettabili”, come 3 miliardi, definiscono l’essere umano «un parassita», e pubblicano articoli
intitolati “Having a child is the grandest act of climate destruction” (“Avere un bambino è il più
grandioso atto di distruzione del clima”).
Anche con l’esercizio del più rigoroso «dovere di equilibrio e di riserbo» si sarebbe in difficoltà a
trattare queste come semplici questioni accademiche. Ancor più difficile sarebbe credere che chi
ragiona, con olimpico distacco, di tagli di miliardi di unità alla popolazione mondiale, possa avere
a cuore la tutela della salute o del destino individuale dei comuni esseri umani.
Mi auguro che i cittadini si sentano chiamati in causa da quello che sta succedendo in questo
momento storico così buio per le sorti del nostro paese e di tutto il mondo. L’iniziativa e il coraggio
di pochi (non dimentichiamo dove e in che condizioni ancora si trovi Julian Assange) non possono bastare.

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